Cosa comunica il nostro modo di scrivere – Punteggiatura e formattazione
L’epoca in cui viviamo è paradossale. Da un lato, abbiamo a disposizione una gamma infinita di strumenti per comunicare, dallo smartphone ai social network, dalla posta elettronica ai sistemi di messaggistica istantanea. Dall’altro, però, la quantità delle nostre interazioni sta pian piano soppiantando la loro qualità. Le conversazioni sono sempre più fredde e frivole. I messaggi – anche quelli vocali – non consentono di esprimere le nostre emozioni fino in fondo. E la comunicazione scritta è in balia di abbreviazioni, inglesismi ed emoji nati per fornire un complemento al linguaggio, ma che hanno finito, in molti casi, per sostituirlo.
Comunicare è diventato quindi un automatismo.
Ormai pochi si interrogano sulla correttezza della propria scrittura. Più volte mi è stato detto che la mia attenzione alla costruzione della frase è inutile, che l’importante è farsi capire. Ma io penso sia molto facile dare adito a fraintendimenti, o trasmettere un’immagine sbagliata di sé. Non sto parlando qui solo di grammatica: un congiuntivo sbagliato, dopo tutto, è un dato inequivocabile. Altre abitudini espressive sono invece arbitrarie e interpretabili, hanno un significato recondito che sfugge a molti, ma che viene colto da chi invece ha masticato la scrittura così a lungo da poterla risputare in faccia al malcapitato, facendosi etichettare con un epiteto che oggi sembra essere il peggior insulto esistente: maestrina.
Eppure, lo dico da addetta ai lavori, il nostro modo di scrivere è come un vestito. L’abito non fa il monaco, è vero, però un messaggio su di noi e sulla nostra personalità lo trasmette comunque. Solo Will Smith può andare in tuta a un colloquio di lavoro (cit. La ricerca della felicità) perché noi comuni mortali faremmo una pessima impressione. Ecco. Un testo poco curato, specialmente in ambito professionale, è proprio questo. È una tuta sporca in un’occasione formale. È una minigonna di pelle con borchie a una cena di gala. Le parole parole che utilizziamo, il nostro modo di gestire la punteggiatura, addirittura la scelta di un carattere o di un interlinea, dicono molto agli altri su chi siamo. Non ci credete? Bene. Ve lo faccio vedere.
Trascurando per ora il lessico, che apre le porte a molteplici discorsi e al quale magari dedicherò un articolo più avanti, ho deciso di fare una carrellata delle formule più utilizzate nella comunicazione scritta quotidiana per quanto riguarda la punteggiatura, la formattazione e altre scelte espressive. Non voglio qui parlare di romanzi e di racconti. Non parliamo nemmeno di comunicazione aziendale. I documenti professionali, lasciamoli da parte. Parliamo invece di e-mail, messaggi WhatsApp, commenti sui social.
Vediamo un po’ cosa il vostro modo di scrivere può dire di voi.
Abuso di puntini di sospensione
I puntini di sospensione trasmettono un’idea di insicurezza. Specialmente nelle comunicazioni di lavoro, se si desidera fare bella impressione è meglio evitare di sembrare dei coniglietti impauriti.
Un esempio inventato da me adesso:
Buongiorno Chiara… le scrivo in merito a un mio romanzo ispirato a Nikola Tesla… un personaggio poco conosciuto… a maggior ragione ritengo che quest’opera possa essere molto interessante per il lettore…
Proviamo a cambiare:
Buongiorno Chiara, le scrivo in merito a un romanzo ispirato a Nikola Tesla. So che è un personaggio poco conosciuto. A maggior ragione, ritengo che quest’opera possa essere molto interessante per il lettore.
Fa tutto un altro effetto, non credete?
Il primo testo è claudicante. Il secondo, un po’ più assertivo, invoglia invece a proseguire la lettura. Se state quindi veicolando un contenuto per voi importante, evitate di mostrarvi incerti.
Abuso di punti esclamativi
Il punto esclamativo fa l’effetto opposto: trasmette assertività. Pertanto, ricorrendovi in modo eccessivo, si rischia di sembrare un po’ arroganti. Ve lo mostro riciclando l’esempio di prima.
Buongiorno Chiara! Le scrivo in merito a un romanzo ispirato a Nikola Tesla! È un personaggio poco conosciuto, per questo ritengo che la mia opera possa essere molto interessante per il lettore!
Non vi sembra quasi aggressivo?
Inoltre, in certi contesti, il punto esclamativo è molto adolescenziale. Siamo talmente abituati a vederlo nei chick-lit e nei young adult, che inconsciamente tendiamo a dargli una connotazione frivola: “Wow! Quel ragazzo è davvero un figo!” Ecco: se non vogliamo sembrare oche giulive, il punto è molto più sobrio.
Scrittura maiuscola
BUONGIORNO CHIARA. LE SCRIVO IN MERITO A UN ROMANZO ISPIRATO A NIKOLA TESLA. (ecc.)
Sarà che io appartengo alla generazione delle chat, ma quando mi arriva un messaggio così la prima cosa che mi viene da rispondere è: “ma ti vuoi calmare?” Nell’ormai antico gergo di Jumpy e Yahoo, infatti, maiuscolo significa urlare. Ma non è tutto qui. Chi ricorre a questa tipologia di scrittura, dà l’impressione di essere una persona molto piena di sé. Il maiuscolo quindi non è una licenza creativa, ma una forma di prevaricazione, che rischia di far sentire aggredito l’interlocutore.
Oltre a questo, ricordiamoci che l’utilizzo del maiuscolo è un errore grammaticale. Il fatto che ormai siamo abituati alla scrittura su tastiera, non implica che dobbiamo dimenticarci le regole imparate alle elementari. Chi di voi scriverebbe un testo a mano tutto maiuscolo? Ecco. Avete trovato la risposta da soli.
Omissione della punteggiatura
La punteggiatura scandisce le pause del discorso. Ometterla quindi dà l’idea di una scrittura frettolosa e al contempo invadente, una scrittura che non vuole lasciare respiro a chi è dall’altra parte.
Buongiorno Chiara le scrivo in merito a un romanzo ispirato a Nikola Tesla è un personaggio poco conosciuto per questo ritengo che possa essere interessante per il lettore
Se poi il tizio scrive senza punteggiatura e pure maiuscolo, sembra un invasato all’ultimo stadio. Oppure, uno che non vede l’ora di finire la sua e-mail per correre a fare qualcosa di molto più interessante.
Punto
Molto spesso ultimamente per lavoro si comunica tramite WhatsApp. Per questo motivo voglio suggerire un piccolo accorgimento che, a prima vista, potrebbe sembrare una violazione delle regole di grammatica, ma che in realtà serve a rendere la comunicazione più fluida. È risaputo infatti che di norma una frase si conclude con un punto. Ecco: in chat bisogna fare più attenzione, perché si rischia di sembrare lapidari. In chat si può quindi chiudere un messaggio senza punteggiatura (a meno che non si tratti di un domanda) perché questo fa sentire chi è dall’altra parte libero di rispondere e apre a un dialogo più amichevole.
Interlinea
L’interlinea troppo stretta fa pensare a una persona che non vuole concedersi troppo spazio, quasi avesse paura di disturbare. Inoltre questa scelta rende la scrittura claustrofobica, disordinata.
L’interlinea troppo ampia invece dà un’idea di superficialità. Avete presente quando a scuola c’era il limite minimo di due pagine, e gli studenti per riempirlo iniziavano a scrivere “in grande”, saltando le righe? Ecco. stessa cosa accade con l’interlinea doppia, o un carattere di dimensione esagerata. L’idea è che si stia cercando di ingigantire il testo, per colmare un vuoto di contenuti.
L’ideale è quindi una dimensione di carattere 10 o 12, con interlinea 1,15 o 1,5.
Colore del carattere
Il carattere deve avere la giusta visibilità sulla pagina. Un carattere troppo chiaro (e lo vedo su molti siti internet) rende il testo quasi illeggibile trasmettendo al lettore la falsa idea che sia poco importante.
Abbreviazioni
Le abbreviazioni avevano un senso soltanto ai tempi degli sms, quando superare un certo limite di caratteri equivaleva a pagare di più. Oggi sono completamente inutili. Abbiamo dei cellulari che praticamente scrivono da soli, la scusa che “così si fa prima” non regge, è solo pigrizia e trascuratezza. Nelle comunicazioni di lavoro sono quindi inconcepibili.
Ciao Chiara,
complimenti per il sito. Spero che il tuo progetto sia partito alla grande.
Sono d’accordo con te, il linguaggio ha un peso diverso ma comunque importante nella comunicazione scritta rispetto al parlato. Anche nelle mail faccio fatica a scegliere il tono da usare, mi capita di scrivere a persone della mia età con cui ho avuto magari un ottimo approccio faccia a faccia e trovarmi in imbarazzo su come salutarle. Ti faccio un esempio pratico per spiegarmi meglio: la terapista occupazionale di mia figlia potrebbe essere tranquillamente una mia collega, stessa età, stesso background scolastico, stessi valori e stessa formazione professionale. Abbiamo parlato con intimità al primo colloquio poi ci siamo sentite per email per organizzare l’incontro successivo. Io sono stata me stessa, facendo battute e finendo con un faccino colorato, mentre lei mi ha risposto con “Kind regards” che equivale all’italiano “cordiali saluti”.
Così son rimasta col dubbio di non essere stata professionale e soprattutto alla mail successiva ho scritto e riscritto le stesse tre frasi per venti minuti.
Per quanto riguarda la scrittura di romanzi invece il mio linguaggio cambia a seconda della giornata, del mio umore. Certe volte mi sgorga naturalmente uno stile diretto e sarcastico, altri giorni scrivo descrizioni auliche e romantiche. In prima stesura lascio che la fantasia prenda il sopravvento, a volte scrivo la stessa scena con tre umori diversi, cambiando narratore, narratario, stile e linguaggio, poi in revisione a distanza di mesi riesco a captare quale sia l’umore più adatto alla storia.
Capita anche a te?
Ciao cara! Un abbraccio!!!! Ehm… cordiali saluti 🙂
Salve Chiara,
grazie ancora per il commento importantissimo sul mio sito.
Tuttavia ti voglio dare un consiglio perché mi piace divulgare le mie conoscenze gratuitamente. Un consiglio banale, eh: in pubblicità è risaputo da almeno sessant’anni che se suddividi il testo in paragrafi più brevi, aiuti la lettura.
Un caro saluto
Buongiorno Chiara, lei svolge ancora il lavoro di assistenza narrativa? Mi piacerebbe contattarla, ma non so come fare.
Buona giornata
Buongiorno Chiara. Non mi ritengo un “maestrino”; ho peró superato la fase della critica e sono arrivato ad una fase purtroppo deleteria, per quanto concerne la grammatica, dalla morfologia alla sintassi: quella dell’ignorare completamente alcuni commenti sui social e, non solo. Sono diventato intollerante ad ogni forma di assassinio della lingua.
Oltre alla punteggiatura, che a volte é inesistente, non sopporto piú alcuni acronimi talvolta inopportuni. Recentemente un post su facebook riportava un’abbreviazione nella seguente frase : “Scusatemi se sono OT”! Essendo un po’ vecchietto ho fatto fatica a capire, in quanto si discuteva di elettronica. Quasi insultandomi, sono stato redarguito sul fatto che OT significa Off-Topic, cioé fuori tema.
In un altro post una ragazza affermava che nel FVG c’erano dei problemi per quanto riguardava alcune categorie sportive. L’argomento del post non era la geografia. Avrei potuto dedurre che la ragazza in questione volesse riferirsi al Friuli Venezia Giulia? Naturalmente quelli che chiamano boomer fanno fatica, tanta fatica e non mancano gli insulti.
Vogliamo parlare delle coniugazioni dei verbi? Abbiamo una lingua cosí complessa, ma cosí versatile e semplice allo stesso modo. Mi chiedo quanto sia necessario arrampicarsi e rischiare di rimanere sospesi nel vuoto tra un congiuntivo imperfetto e un condizionale presente. Continuo a chiedermelo, ma non trovo una risposta sensata.
Spero di essermi esposto nel modo piú corretto possibile.
Tiziano.