Negli ultimi giorni un paio di persone mi hanno domandato come sia diventata editor e come faccia a barcamenarmi in un settore che al giorno d’oggi offre ben poche garanzie. Raccontare la mia storia è stato utile, perché mi ha consentito di focalizzare il mio percorso e di comprendere come intenda muovermi in un futuro a breve e a lungo termine. Perché, quindi, non condividerla anche qui?
EDITOR NEOLAUREATA
Nel 2007 conseguii la Laurea Specialistica in Teorie e Tecniche della Comunicazione Mediale e venni assunta nell’Ufficio Stampa di un’importante azienda milanese. Il lavoro mi piaceva, l’ambiente era giovane e stimolante, tutto mi faceva pensare che davanti a me potesse esserci un brillante futuro. Avevo un contratto a tempo determinato di sei mesi, che poi fu rinnovato di altri dodici mesi. Dopo la seconda scadenza avrebbero dovuto assumermi a tempo indeterminato, oppure lasciarmi a casa, ma fino a poco prima tutto faceva pensare a un happy end: sia l’azienda sia i colleghi erano molto contenti di me.
Invece arrivò la crisi economica.
Cioè, c’era già, ma come è avvenuto per tutte le catastrofi inaspettate (lo stiamo vivendo anche adesso con il Coronavirus) all’inizio non si sapeva come gestirla, quindi ci si perdeva in un mare di “vediamo”, “dobbiamo capire”, “aspettiamo che l’AD prenda una decisione”. E la decisione fu quella di bloccare tutte le assunzioni. E la decisione fu anche quella di mettere in cassa integrazione un bel po’ di gente, in una città che si stava preparando per l’Expo, una città che avrebbe dovuto essere il traino di una nuova rinascita. Invece quella città, la città di M., si rivelò il regno dello sfruttamento indiscriminato.
Gli anni tra il 2009 e il 2012 furono quelli delle collaborazioni occasionali e dei contratti a progetto. Mi muovevo continuamente tra Milano e Sanremo, trascorrevo due mesi qui e tre là, a seconda di dove fosse il mio lavoro. Quindi non solo non potevo mettere radici, ma ogni attività extra-professionale mi era preclusa. Che senso avrebbe avuto, infatti, iscrivermi in palestra o a un corso di scrittura? Sarebbe bastata una telefonata per farmi mollare tutto. La maggior parte dei contratti, per fortuna, erano in un settore coerente con il mio percorso di studi (lavorai in alcune case editrici, nella redazione di un settimanale, in un’agenzia di comunicazione) ma spaziai anche in altri ambiti, alcuni dei quali mi rivelarono nuovi lati di me e della mia personalità. Per un anno, per esempio, fui coinvolta in alcuni seminari di Comunicazione e Scrittura Creativa nelle scuole superiori della provincia di Imperia, e in quel frangente scoprii che insegnare mi piaceva tantissimo e che so comprendere le persone oltre le apparenze e creare con loro un contatto reale. Ancora oggi cerco di valorizzare quelle qualità, che rendono più semplici i miei rapporti con gli altri.
Mi sarebbe piaciuto moltissimo ripetere l’esperienza delle scuole. Peccato che poi la Provincia bloccò i fondi, e l’anno successivo dovetti ricominciare un nuovo ciclo. Tornai a Milano e ripresi a prestare collaborazioni qua e là. Ricoprii addirittura una mansione commerciale, per la quale mi sentivo negata: troppa strategia, troppa finzione. Infatti, durò solo un paio di mesi.
Pur essendo una persona che, come tutti i creativi, sa adeguarsi a ritmi di vita flessibili, la precarietà non mi piaceva. Avevo un fidanzato, desideravo convivere, fare progetti a lungo termine. Il posto fisso sembrava ai tempi l’unica soluzione praticabile ma, poiché il settore dell’editoria e della comunicazione stavano affondando in una palude, per potermi sistemare sul lungo periodo dovevo necessariamente cercare altrove. incominciai così a inviare curriculum a tappeto. E fui contattata da un’importante azienda di Imperia, che mi offrì un lavoro impiegatizio molto distante da ciò che mi piaceva fare, ma che accettai con gioia, convinta di essermi sistemata per sempre. Povera illusa.
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EDITOR PER HOBBY
Voglio evitare adesso di raccontare nel dettaglio cosa accadde tra il 2012 e il 2017. Quei cinque anni rappresentano un enorme buco nero nella mia esistenza, e non li ricordo volentieri. Posso solo dire però che, per una serie di circostanze avverse, tutte legate al lavoro, arrivai a mettere in discussione persino la mia identità, persi 13 kg (pur non essendo mai stata sovrappeso) e finii per ammalarmi di depressione.
Io, che sono la persona più solare del mondo, non avevo più una ragione per alzarmi dal letto.
Dopo un lungo percorso di psicoterapia compresi che un pesce non può sforzarsi di arrampicarsi sugli alberi. Può metterci tutta la buona volontà del mondo, ma prima o poi dovrà accettare che quello non è il suo terreno d’elezione, altrimenti passerà il resto della sua vita a sentirsi inadatto, manchevole. Adeguarmi a una realtà e a uno stile di vita che mi facevano soffrire era stato quindi un sacrificio inutile. Ero riuscita, per un po’, a far buon viso a cattivo gioco, ma poi ero stata costretta a guardare in faccia la realtà e a interrogarmi su quali fossero i miei valori, le mie ambizioni professionali, i miei obiettivi a lungo termine. Un’esistenza fondata esclusivamente sulla finzione, sul tentativo di rendersi diversi per essere accettati, non ha alcuno scopo. E io volevo averlo. Volevo rendermi utile a me stessa e alla collettività, seguire la mia reale vocazione. Una vocazione che, nonostante tutto, ho sempre conosciuto molto bene.
Non ho mai smesso di occuparmi di letteratura, nemmeno quando mi trovavo dentro il buco nero. Oltre a seguire il mio blog, Appunti a Margine, studiavo le tecniche narrative, scrivevo un lungo romanzo ora in attesa di revisione (i fedelissimi si ricorderanno del “Romanzo Dittatore”) e, soprattutto, editavo i libri degli amici. Gratuitamente. Per non perdere il contatto con ciò che ero davvero. Per vedere un po’ di luce anche nell’abisso in cui mi trovavo. Ed è da lì che decisi di ripartire, quando compresi che non ce la facevo più: decisi di ripartire dalla luce, da quel fuoco che non aveva mai smesso di brillare dentro di me.
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EDITOR DIMEZZATA
Io non sono una persona che prende decisioni impulsive. Quindi, dopo aver passato un mese in mutua per esaurimento nervoso, tra novembre e dicembre 2016, rimuginai ancora per un altro inverno. Dopo di che, valutando molto attentamente la mia situazione economica, decisi di chiedere il part-time. All’azienda, con personale in esubero, non sembrò vero, e me lo concesse nei giro di un mese. Tralasciamo il fatto che il mio capo si incazzò e mi fece un richiamo disciplinare basato sul nulla: anziché farmi desistere dal mio proposito, quell’ennesimo abuso mi convinse ancora di più della mia decisione di ripartire da zero.
Da tre anni e mezzo staziono in una di quelle situazioni ibride tanto cara al mio segno zodiacale, la Bilancia. Sono infatti riuscita a equilibrare i lati positivi delle mie “vite precedenti”: la flessibilità di orari e la passione del mio periodo precario, e la stabilità del posto fisso. La mattina, sto in ufficio. Il pomeriggio, a casa davanti al computer. Ho una doppia vita, quindi. Ma non mi dispiace poter far coincidere personalità, competenze e professione almeno per metà della giornata. Questa nuova condizione mi ha aiutato a ridimensionare tutto ciò che un tempo mi faceva del male. Non vedere più la mia esistenza risucchiata dai vampiri mi ha aiutato a chiudere un occhio su ciò che non mi piaceva dell’ufficio: del resto, ero lì solo per quattro ore, poi potevo tornare a casa e dimenticarmi di tutto. Inoltre, la mia nuova libertà di espressione, unita ai riscontri positivi di autori ed editori, mi ha donato fin dall’inizio una nuova sicurezza caratteriale. Oggi posso dire di non essere più un pulcino bagnato: riesco a difendermi dagli attacchi, e a portare avanti i miei obiettivi in sostanziale serenità, grazie alla mia forza d’animo all’appoggio di chi mi stima.
Però, di recente ho sentito qualche scricchiolio, nelle mie scelte.
Nella mia vita si sono infatti verificati degli accadimenti che mi hanno portata a mettermi in discussione. Forse questa situazione ibrida non è l’atto di coraggio che credevo all’inizio, ma il frutto di una mia congenita incapacità di prendere posizioni decise ed estreme. Credo di essermi seduta un po’ sugli allori, rinunciando a quella che è sempre stata una prerogativa fondamentale della mia esistenza: un’inarrestabile e instancabile evoluzione della mia persona e del mio stile di vita, con lo scopo di stare sempre meglio, di essere sempre più utile a me stessa e alla collettività. In poche parole, di rinnovarmi continuamente.
EDITOR DI DOMANI
I miei obiettivi professionali sono chiari e definiti, ma credo sia saggio scriverli qui.
L’unica cosa che posso dire è questa: intendo dare più corpo e struttura alla mia attività di editor, rafforzarla e potenziarla. E intendo rispolverare alcuni progetti, nel cassetto ormai da tempo.
Di una cosa sono certa: a breve cambierà qualcosa.
Quindi, stay tuned!