Intervista a Chiara Solerio
L’intervista sottostante mi è stata sottoposta dallo scrittore Ferdinando Salamino, ed è pubblicata sul suo blog, Il Paradiso di Caino. Per me, è sempre un piacere sottopormi al fuoco amico delle domande, anche quando esse scavano nel personale, perché amo parlare della mia storia, e di tutte le decisioni che mi hanno portata qui, dove sono ora, radicata in un’esistenza che finalmente mi piace. Spero di essere riuscita, in queste quasi 3000 parole, a trasmettere tutta la passione per il mio lavoro.
Buona lettura.
P.S. L’acquarello che vedete nell’immagine è della bravissima pittrice Claudia Speggiorin.
- Buongiorno, Chiara, facci la sinossi di Chiara Solerio: tutto ciò che dovremmo sapere, in una manciata di battute, spazi inclusi!
Sono Chiara Solerio, nata il 19 ottobre 1981 a Sanremo, dove vivo tutt’ora dopo una parentesi milanese durata 12 anni. Impiegata la mattina, editor freelence e scrittrice al pomeriggio. Una doppia vita? Forse. Sono una sognatrice patologica. Ho rinunciato alla sicurezza di un lavoro fisso e a tempo pieno, per seguire le mie passioni. E non me ne pentirò mai.
- Cominci già con una scelta interessante. Posso chiederti come è maturata e quali ostacoli, interni ed esterni, hai dovuto affrontare per poterla rendere effettiva? Immagino non sia stata una scelta facile e che non tutte le persone che hai accanto abbiano fatto subito salti di gioia…
Non desidero parlare in pubblico della mia storia personale ma, se qualcuno desidera conoscere le tappe psicologiche ed esistenziali che mi hanno portata a modificare radicalmente il mio stile di vita, può scrivermi, e io gliene parlerò. In questa sede dico solo che la decisione ha impiegato anni a maturare. Ho dovuto sostenere numerose sedute di psicoterapia, per comprendere che la lo stato depressivo nel quale vivevo non dipendeva da un problema di adattamento al mio contesto lavorativo, ma dall’aver frustrato le mie ambizioni e tradito i miei valori. In nome della cosiddetta stabilità, avevo infatti rinunciato alla mia creatività, ad aiutare le persone, all’amore per i libri, a due lauree, ad anni di gavetta in campo editoriale, al controllo sul mio lavoro e sul mio tempo. Cambiare non è stato facile. Sono una persona dalle mille paure. Però, per venire fuori dal pantano, ho fatto appello alla caratteristica che di solito gli astrologi associano al mio segno zodiacale, la Bilancia: la capacità di trovare un compromesso, di equilibrare gli opposti.
Tengo a precisare che la mia attività di editor freelance non è stata inventata dal nulla. Di editing e scrittura mi occupavo già prima di essere assunta in azienda. E, a essere sincera, non ho mai smesso di occuparmene nemmeno quando lavoravo a tempo pieno, visto che aiutavo i giovani autori gratuitamente. Per hobby. Questo mi ha consentito di non far arrugginire le mie competenze, e di farmi conoscere. In generale, non ho incontrato grandi ostacoli. Il mio compagno e la mia famiglia sapevano che mi trovavo in una situazione di sofferenza. Forse avrebbero contrastato la decisione di licenziarmi in tronco, ma hanno appoggiato quella del part-time. E, visti i risultati, nessuno si può lamentare. Ne abbiamo tratto giovamento tutti.
Non so cosa mi riserverà il futuro, ma sono soddisfatta delle mie decisioni. Se i lavori di editing aumenteranno, deciderò come muovermi. Per il momento, non ho alcuna fretta di cambiare vita, specialmente da quando anche il lavoro dipendente ha subito un cambiamento positivo, un trasferimento in un nuovo ufficio, dove finalmente ho trovato un po’ di serenità. In fondo, avere un’entrata mi consente di scegliere i progetti a cui dedicarmi, senza dover accettare a occhi chiusi tutti gli scrittori che vengono da me. Senza uno stipendio, dovrei editare anche romanzi che non mi interessano, di autori ingestibili. Quindi, va bene così!
- Chiara, tu sei autrice ed editor. Diresti che queste due anime, in te, coesistono pacificamente? O l’autrice a volte è irritante per l’editor e viceversa?
Prima di rispondere, devo fare una doverosa premessa. Scrivo da venticinque anni circa, a periodi alterni. Nei momenti più difficili della mia vita, ho dovuto prendermi delle pause. E anche in quelli in cui ero troppo oberata, per esempio il periodo della tesi di Laurea.
Anni fa, pubblicai alcuni scritti sotto pseudonimo, ma ormai li ho rinnegati. Oggi ho due romanzi conclusi, da revisionare, che spero possano vedere presto la luce. Stavolta non ho paura di mettermi in gioco, e li pubblicherò a mio nome. Diciamo che le opere scritte come ghostwriter sono molto più numerose di quelle che portano la mia firma. E, siccome viviamo in un contesto che dà alla pubblicazione un’importanza maggiore di quella che dovrebbe avere, molti non riconoscono la mia identità d’autrice. Sostengono quindi che l’anima di editor è prevalente. In realtà, io, ho iniziato a lavorare come editor anche grazie a tutti gli anni trascorsi davanti alla tastiera, o con una penna in mano. Non potrei assistere gli autori se non conoscessi, oltre alle regole che guidano la narrativa, anche le paure e i blocchi che inficiano la riuscita di un’opera. Se non le avessi vissute sulla mia pelle, non saprei individuarle. Allo stesso modo, quando anni fa iniziai la gavetta come editor, offrendomi di leggere e valutare gratuitamente i romanzi dei miei amici, la mia scrittura migliorò tantissimo, perché imparai ad autocorreggermi. Quindi la risposta alla tua domanda è scontata: non solo queste due anime convivono pacificamente, ma si sostengono a vicenda, traggono forza l’uno dall’altra. Del resto, l’ho detto anche prima: sono una Bilancia, e so equilibrare gli opposti. J
- A noi di Caino piacciono i rinnegati e i fasulli! Ci parli di questi due romanzi nel cassetto? Come mai sono ancora nel cassetto? Cosa li ha ispirati e in quale momento della tua vita sono nati? Che tipo di percorso hai in mente, per loro?
Il primo romanzo è stato da me ribattezzato “il romanzo dittatore”, perché presenta molte difficoltà, ma non riesco ad abbandonarlo. Il detto “scrivi ciò che ti piacerebbe leggere” è stata un’arma a doppio taglio, perché a me piacciono i tomi, le saghe, opere molti difficili da scrivere per un’autrice emergente. A ciò aggiungiamo che questo “mattonazzo” è nato nel periodo più nero della mia vita, e dopo cinque anni di distacco dalla narrativa, quindi è stato un po’ un banco di prova. Mentre lo scrivevo, ho cambiato mille volte idea, trasformandolo in un minestrone pieno di spunti interessanti, ma impossibili da gestire tutti insieme. Dovevo decidere cosa lasciare e cosa tenere, ma non riuscivo a cestinare nulla. Così, l’ho messo in stand-by per un po’. Però, da poco l’ho riletto, stavolta con il giusto distacco. Penso che ci sia del buono, e conto di riprenderlo presto. Non appena sarò pronta, diciamo. C’è una risposta che ancora non riesco ad ascoltare, tra quelle righe. Non appena riuscirò a renderla visibile, la strada sarà in discesa. Però, non faccio i salti mortali per trovarla. So che arriverà in un momento impensabile, mentre lavo i piatti o mentre guido. È sempre così.
Il secondo romanzo è stato scritto nel 2017 con l’obiettivo di presentarlo a un concorso. Non ho fatto in tempo a consegnarlo, ma l’ho concluso lo stesso. Dopo di che, mi sono resa conto che l’attinenza al tema del concorso e il limite di parole mi avevano tarpato le ali. La storia, fuori dai binari preimpostati, poteva diventare molto più interessante. Quindi, ho tenuto per buona l’idea di fondo ma, da qualche settimana, ho iniziato ad ampliarlo e ad approfondirlo. L’obiettivo è quello di revisionarlo entro una data da me stabilita (non lo scrivo qui, per non creare false aspettative) per poi affidarlo a un collega, un editor, che mi suggerisca le rifiniture finali. Infine, mi piacerebbe presentarlo ad alcune casi editrici delle quali ho grande stima, sperando che abbia i requisiti per entrare nei loro cataloghi. Staremo a vedere.
- Come immagini, abbiamo diversi autori che ci leggono, diversi dei quali tentati dal self-publishing e, quindi, interessati alla figura dell’editor. Come riconoscere un editor capace e professionale, e come stare alla larga da tuttologi e stregoni? Quali campanelli d’allarme ascoltare?
Rispondere a questa domanda non è semplice, anche perché vorrei evitare di farmi dei nemici. Sarò quindi sintetica: diffidate di chiunque offra ricette “universali” per scrivere un best-seller. Un editor corretto non vi illude e non vi promette nulla, ma vi aiuta a trovare il metodo più adatto ai vostri processi mentali, intraprendendo insieme a voi un percorso di crescita e di evoluzione. Ricordatevi sempre che la pubblicazione non è un punto di arrivo. Quest’obiettivo, rappresenta soltanto una tappa del vostro percorso. Non dovete, quindi, avere fretta di arrivarci il prima possibile, perché rischiereste di bruciare le tappe. Al contrario, dovete sforzarvi di creare un risultato meritevole. Questo si può ottenere solo con tanto, tanto esercizio, non con un metodo scopiazzato da un libro e applicato pedissequamente, senza consapevolezza. La sensibilità scrittoria, arriva con il tempo. Ed è quella a rendervi scrittori, non buttare giù contenuti senza esperienza, e sbatterli su Amazon.
- Editor e correttore di bozze: lavori attigui, ma non identici. Vorresti spiegare al nostro pubblico la differenza?
L’editing lavora su tutti gli elementi del romanzo, sullo stile, la coerenza, la trama e i personaggi. La correzione di bozze, invece, si limita a correggere gli errori ortografici, grammaticali e sintattici, nonché gli immancabili refusi. Pero, hai detto bene: sono lavori attigui. Quindi non riesco a scinderli l’uno dall’altro. Il servizio di correzione bozze è sempre compreso, quando un autore mi affida l’editing del suo romanzo. Il contrario non è sempre possibile, visto che molti scelgono una semplice CdB per risparmiare. Però, non riesco a tenere a bada le mani. Quindi, qualche suggerimento viene sempre fuori, anche quando dovrei limitarmi a togliere le “d” eufoniche. Chiamatelo “editing leggero”, se volete. È meno approfondito di quello che faccio di solito ma comunque utile all’autore. E, soprattutto, utile al suo testo.
- Molti autori, self e non, sono atterriti dalla figura dell’editor per via di questa leggenda metropolitana secondo cui l’editor potrebbe stravolgere lo spirito del romanzo. Ogni leggenda ha un fondo di verità? Oppure è soltanto cattiva reputazione?
Perdonatemi la volgarità, ma questa è una cazzata. Come ho scritto più volte anche sul mio sito, l’editor propone, non impone. Questo principio è sempre valido, a maggior ragione se l’autore è self-publisher, e quindi non deve rendere conto all’editore delle proprie scelte. Se avete l’impressione che i suggerimenti dell’editor stravolgano il senso del romanzo, significa che non c’è stata abbastanza chiarezza sugli obiettivi. Parlatene, e insieme troverete la soluzione migliore. Il dialogo tra autore ed editor è fondamentale per raggiungere un risultato di ottimo livello. Senza questo canale comunicativo privilegiato, la comunione d’intenta traballa, e il rischio che si proceda in due direzioni diverse diventa concreto. Questo rischio, però, è scongiurabile grazie alla fiducia reciproca. Non abbiate quindi timore di esprimere le esigenze vostre, e del vostro libro.
- Credi che questo discorso si applichi anche agli editor delle case editrici? Raccogliamo spesso pareri di persone che prediligono il self per timore di veder soffocata la propria libertà di scelta. Tu cosa ne pensi?
Penso che spesso ci sia dell’arroganza, nello sbandierare la propria libertà di scelta. Bisogna sempre entrare nell’ottica che l’editor è un professionista, sia quando lavora con un autore self, sia quando lavora per una casa editrice. Anche se in quest’ultimo caso ci possono essere delle linee guida che arrivano dall’esterno, i consigli non sono mai dispensati a casaccio. Spesso vengono dati per valorizzare il libro o (aspetto che molti non considerano) tutelare gli autori, proteggerli da un eventuale linciaggio della folla. La libertà di espressione, infatti, non dovrebbe mai travalicare determinati limiti, nemmeno nel self. E la cosiddetta “imposizione” avviene solo in casi rarissimi, estremi. Per esempio, quando un paragrafo o una frase offende la morale pubblica, o fa correre un rischio all’autore o all’azienda. Quindi va accettata. Sempre. Per il vostro bene.
- Su quali progetti stai lavorando al momento?
Per quanto riguarda l’editing, sto curando i romanzi dell’autrice Julie Maggi. Dopo aver editato la nuova edizione di “Avventure sul cammino di Santiago” e il primi due volumi della tetralogia “Avventure sulla via de la Plata”, sono all’opera sul terzo libro.
Nel frattempo, ho da poco ripreso in mano la revisione di uno dei miei due romanzi (quello scritto per il concorso al quale non ho partecipato), curo gli aggiornamenti del mio neonato sito internet, e sto lavorando a un libriccino finalizzato a raccogliere gli articoli migliori del mio vecchio blog, Appunti a Margine. Diversi autori mi scrivono, anche a distanza di tempo, per esprimermi il proprio apprezzamento. Persino gli articoli scritti quattro o cinque anni fa, vengono ancora graditi, e sono ritenuti utili. Da qui, l’idea di radunarli in un manualetto di scrittura prima che il sito venga completamente dismesso. Mi spiacerebbe buttare via quasi un lustro di lavoro.
- Come autrice hai un genere col quale ti senti più a tuo agio? E come editor?
I miei due romanzi nel cassetto sono entrambi romanzi non di genere. Il primo, è una saga generazionale. Il secondo, un’opera a cinque voci sull’universo femminile, che però vorrei piacesse anche a un pubblico maschile. Sto poi raccogliendo il materiale per un Giallo. E, tra le idee che mi ronzano in testa, c’è anche un’opera appartenente al filone del cosiddetto realismo magico. Sono eclettica, sia come autrice, sia come editor. Se non cambio aria ogni tanto, finisco per annoiarmi.
- Tu collabori con diverse case editrici. Che consigli daresti a un autore in procinto di inviare il proprio manoscritto in valutazione? Come scegliere a chi inviare? Quali errori vanno assolutamente evitati in questa fase?
Per prima cosa, suggerisco di dare un’occhiata al catalogo della casa editrice, e capire se il romanzo ha i requisiti per farne parte: se un editore pubblica soltanto reportage di viaggi e tu hai scritto un fantasy erotico, sicuramente non farà per te, e tu non farai per lui.
Di solito, sul sito della casa editrice è indicato l’indirizzo al quale inviare il manoscritto, spesso corredato di istruzioni. Quindi, il secondo consiglio è questo: mandate all’editore ciò che vi chiede. Se vuole la sinossi, tre capitoli, o l’opera completa, voi assecondatelo. Un buon autore, legge tutto con la massima attenzione. Dimostrare di non averlo fatto è un pessimo biglietto da visita. Unica deroga a questa regola: una breve presentazione andrebbe inserita sempre, anche quando l’editore non la chiede. Non c’è bisogno di essere prolissi o di raccontargli la storia della vostra vita. Basta che lui comprenda con chi ha a che fare, affinché si possa stabilire una base d’empatia.
Infine, quali errori vanno evitati, mi domandi. Sicuramente un testo non formattato fa una pessima impressione. Scommetto che non andreste mai a un colloquio di lavoro in tuta. Ecco. Pensate che l’editore non può incontrare te, ma incontrerà il tuo manoscritto. Quindi, cerca di vestirlo bene. Ricordati che l’ordine rende un testo più facilmente fruibile. E più apprezzabile.
- Come editor, su quali elementi di un manoscritto si sofferma la tua attenzione?
Sono una persona molto precisa, quindi direi tutti: stile, personaggi, coerenza interna, godibilità della trama… Però, se devo scegliere un aspetto in particolare, sono decisamente avversa a termini generici e figure retoriche abusate. Parole come “cosa”, “bello”, “brutto”, “fare”, nel 99% dei casi possono essere sostituite da un vocabolo più preciso, o da una perifrasi. Allo stesso tempo, faccio un salto sulla sedia ogni volta che leggo similitudini come: “pallido come un cadavere”, “magro come un chiodo”, “nebbia che si può tagliare con il coltello”, e affini. Penso che un autore debba mantenere la propria originalità, senza appoggiarsi a cliché dei quali, ormai, possiamo volentieri fare a meno.
- La cosa più spietata che hai dovuto dire a un autore?
“Se vuoi pubblicare un romanzo, devi prima imparare la grammatica”. Non tutti sono in grado di scrivere un romanzo. Il problema è che sono proprio gli incapaci ad avanzare le maggiori pretese, a porsi con arroganza. Quindi, anche se sei gentile, prima o poi la violenza verbale viene fuori.
- La cosa più spietata che ti abbiano mai detto?
Non ricordo una frase particolarmente offensiva legata al mio lavoro di editor o di autrice. Però, me ne viene in mente una, che mi fu detta quattro o cinque anni fa dal mio capo (ormai ex, per fortuna) in ufficio. La ritengo significativa, perché fu la molla che mi spinse a decidere di lavorare in proprio: “lei non è pagata per pensare, ma solo per fare ciò che le dico”. Sticazzi!
- Quali errori non dovrebbe commettere, secondo te, un autore ai suoi esordi?
L’ho detto prima: avere fretta. Per specificare meglio cosa intendo, vi faccio un esempio “pop”. Avete presenti i cantanti usciti dai talent show? Quelli più popolari, spesso vengono buttati sul palco del Festival di Sanremo, magari lo vincono pure, ma poi scompaiono, perché non si sono dati il tempo di crescere. Eppure, non è che non siano bravi. Negli ultimi anni abbiamo sentito cantare artisti che, con un po’ di esercizio in più, avrebbero potuto ottenere un successo duraturo. Però, il Sistema non ha concesso loro l’onore della gavetta. Ecco. Trasferite questa situazione nel contesto letterario. La pubblicazione non dev’essere l’obiettivo primario. Una “ciofeca” buttata a casaccio su Amazon, non fa curriculum. Anzi: può rovinare la reputazione dell’autore. Per costruirsi una carriera occorre lavorare moltissimo, farsi consigliare da esperti, essere pronti a passare le notti in bianco sul proprio libro e accettare le critiche. Ma solo quelle a fin di bene.
- Un sogno nel cassetto o, ancora meglio, un progetto al quale speri un giorno di poter lavorare?
Se lo dico, non si avvera!